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Un documentario spiazzante, forse perché si astiene dal ricostruire una immagine unitaria dell'omosessualità o dell'omosessuale. La strategia mi sembra essere quella di accogliere tutto il materiale contraddittorio che si addensa intorno a questa categoria - e a questi "soggetti" -, di volta in volta condizione, orientamento, identità naturale, desiderio, patologia, peccato, condizionamento, effetto o causa. Gli intervistati e le intervistate (sia gay che etero) contribuiscono tutt* a rendere multiforme e inafferrabile tale categoria. Canecapovolto ci mette del suo con alcune domande volutamente inaspettate (tipo "è più grave avere una figlia lesbica o un figlio gay?"), e, soprattutto, con un montaggio alternato di spezzoni filmici o documentaristici che rendono di volta in volta allucinatorio, paranoico, voyeuristico lo scenario all'interno del quale si cerca di identificare chi sia e come sia riconoscibile l'omosessuale. Si tratta di un'opera

Le capriole del sesso e del genere secondo Butler

Non mi ricordavo che in questo saggio Butler tornasse così insistentemente a Beauvoir: "Donna non si nasce, si diventa". Soltanto che lei fa esplodere questa celebre affermazione - così tanto ripetuta da diventare quasi innocua - in modo veramente insolito. Con questa affermazione possiamo giocare in modo pericoloso. Proviamo. Se donna non si nasce, ma si diventa, chi o che cosa diventa donna? Se il nascere ha a che fare con una origine, e se questa origine naturale - con Rubin - la chiamiamo sex , allora la donna non potrà fare altro se non avere a che fare con un divenire. Questo divenire trasformativo sarà il gender . "Donna", dunque, non è né più né meno se non un attributo di genere, indebitamente usato per nominare a ritroso un sex che altrimenti non avrebbe un nome, o quel nome. Naturalmente, tornando a Beauvoir attraverso Rubin, Butler non può ammettere che tale divenire sia altro se non una "produzione". La produzione di genere - obbligatoria

Il corpo (in)generato per Judith Butler

Prendendo le mosse dalla fenomenologia Butler introduce una nozione di corpo che è del tutto opposta non soltanto al senso comune ma anche a una politica naturalisticamente femminista, gay, lesbica e trans. Per Butler infatti il corpo non è un dato naturale e quindi non si può dire che sia immediatamente disponibile a essere riappropriato o ritrovato. Come non esiste un soggetto che precede il verbo, come non esiste un mondo "là fuori" assolutamente oggettificato ed esterno alla coscienza, come non esiste dunque un soggetto o una coscienza "vuota" che venga successivamente riempita dalle percezioni del mondo - così anche il corpo è attualizzato come incorporazione di possibilità. Non abbiamo dunque un corpo che poi plasmiamo in un certo modo, ma abbiamo un corpo nell'atto di plasmarlo, attraverso dunque un processo di incorporazione. Tali possibilità, d'altra parte, non sono un campionario dal quale possiamo scegliere quasi fossero dei vestiti in vendita. L

Il gender per Judith Butler: un avvicinamento al genere performativo

Leggendo nel nostro seminario il saggio "Atti performativi e costituzione di genere" di Judith Butler mi è venuto in mente di riassumere le principali caratteristiche che la teorica queerfemminista attribuisce al genere. E' vero che questo saggio precede il celeberrimo Gender Trouble del 1990, ma è pur sempre un testo utile nell'indirizzarci a interpretare la "performatività" del genere, o gender. In ordine di apparizione: * Il genere non è una identità stabile, ma è istituito attraverso la ripetizione e stilizzazione del corpo * Il genere è una temporalità sociale: è istituito nel tempo e il suo effetto di durata, continua e sostanziale, è più un'illusione sociale che una realtà naturale o autonoma. Da notare che la ripetizione è connotata qui come una "discontinuità", vale a dire sono necessari molteplici e continui atti e non ne basta uno solo originario (del tipo: una creazione divina, una volta per tutte). Posso aggiungere che detto

Ana Mendieta al Castello di Rivoli (30 gennaio-5 maggio 2013)

Ho menzionato questa grande artista cubana ieri al seminario. Non sono ancora andato a vedere la mostra, ma la consiglio a tutt* "Allestita nei suggestivi spazi della Manica Lunga la rassegna Ana Mendieta. She Got Love, prima grande retrospettiva europea dedicata all’artista cubana. Il progetto, a cura di Beatrice Merz e Olga Gambari, si propone di rileggere la figura dell’artista come modello e icona per la performance e il video, la body art e la fotografia, la land art, l’autoritratto e la scultura. Nel lavoro di Mendieta (1948 – 1985) confluiscono, infatti, tutte queste componenti, linguaggi coniugati in un personalissimo alfabeto visionario e materico, magico e poetico, politico e progressista che aspirano a raccontare l’identità femminile a partire dalle radici culturali cubane dell’artista sino ad arrivare alla donna contemporanea. Nel suo lavoro esplora temi come l’individuo, i generi, la morte e la vita, la violenza e l’amore, il sesso, la rinascita, lo sradicamento,
Venerdì 1° marzo 2012, Università del Piemonte Orientale, Vercelli (Aula C1, ex-Ospedaletto) Proiezione di Abbiamo un problema , documentario di Canecapovolto sull'omosessualità nel sapere "comune" Siete tutte e tutti invitate! " Abbiamo un problema approccia l’omosessualità (o meglio l’immagine stessa dell’omosessualità) in particolare nelle sue problematiche politiche, sociali e religiose. Non un lavoro “a tesi”, visto che le interviste su cui è basato hanno fatto affiorare pensieri e posizioni controverse. Abbiamo un problema non vuole essere uno strumento consolatorio riguardo la condizione omosessuale: abbiamo ritenuto invece che un dispositivo narrativo volutamente leggero, artistico (ed in certi casi disturbante) sia servito ad arrivare dritto alle radici del pregiudizio, della paura e rappresentare un contributo inedito per una lotta, sempre più urgente, per i diritti civili di tutti." www.canecapovolto.it www.navarraeditore.it