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Visualizzazione dei post da febbraio, 2013
Venerdì 1° marzo 2012, Università del Piemonte Orientale, Vercelli (Aula C1, ex-Ospedaletto) Proiezione di Abbiamo un problema , documentario di Canecapovolto sull'omosessualità nel sapere "comune" Siete tutte e tutti invitate! " Abbiamo un problema approccia l’omosessualità (o meglio l’immagine stessa dell’omosessualità) in particolare nelle sue problematiche politiche, sociali e religiose. Non un lavoro “a tesi”, visto che le interviste su cui è basato hanno fatto affiorare pensieri e posizioni controverse. Abbiamo un problema non vuole essere uno strumento consolatorio riguardo la condizione omosessuale: abbiamo ritenuto invece che un dispositivo narrativo volutamente leggero, artistico (ed in certi casi disturbante) sia servito ad arrivare dritto alle radici del pregiudizio, della paura e rappresentare un contributo inedito per una lotta, sempre più urgente, per i diritti civili di tutti." www.canecapovolto.it www.navarraeditore.it

"Paris is burning", il famoso documentario sui balli in drag tra i gay neri di New York (very '80s!)

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Quale miglior documentario per preparare la lettura di un estratto da Gender Trouble di Judith Butler? Qui il "gender" è veramente realizzato come qualcosa di costruito, inautentico, "non naturale". La Butler scriverà un celebre capitolo proprio su questo documentario, ma noi lo vediamo a mo' di preambolo. Avevamo già visto che il termine "gender", prima ancora di avere una genealogia femminista, ha un'origine medica negli anni '50, applicato ai soggetti per i quali, nell'immediato dopoguerra, cominciavano a essere disponibili tecnologie utili al cambio di sesso. Ma è soltanto alla fine degli anni Ottanta che i soggetti transessuali, transgender, e travestiti cominciano a entrare come soggetti pienamente compresi dai "gender studies", e forse ancor più, dai queer studies. Effettivamente il "gender" che qui si incontra è del tutto "queer", perlomeno nel senso di "innaturale", "performativo&quo

Una strana coppia di testi: il Combahee River Collective (1977) e Chandra Mohanty, "Sotto gli occhi dell'Occidente" (1986)

Quanto diversi nel linguaggio e nella modalità di comunicare questi due saggi! Una dichiarazione di intenti di un collettivo femminista nero scritto in prima persona plurale, e un saggio (un estratto striminzito, a dire il vero) intellettualmente e politicamente sofisticato, che tutt* hanno avuto estrema difficoltà a leggere e a "farsi piacere". Perché li ho messi insieme? Perché mi sembrava che dessero due scossoni diversi a un "soggetto donna" inteso in senso universalistico da parte di un femminismo che non aveva ancora teorizzato tutta una serie di differenze "interne", o perlomeno non le aveva negoziate come dato fondamentale di ciò che dovrebbe proporsi il movimento femminista. Così, la Dichiarazione del collettivo Combahee River rivendica una politica femminista nera che si faccia carico di una oppressione che non passa soltanto dal sessismo, ma anche dal razzismo. Nel momento in cui il femminismo non affronta la questione dell'oppressione raz

Il terzo testo: "Lo scambio delle donne" di Gayle Rubin

Come terzo testo abbiamo letto "Lo scambio delle donne" di Gayle Rubin. L'abbiamo recuperato dalla traduzione italiana nel primo numero di Nuova DWF. Per nulla facile, perché introduce il concetto di "sistema sesso/genere" attraverso una rilettura di strumenti teorici che precedono il movimento femminista, e che per certi versi hanno obiettivi ben diversi: il marxismo, l'antropologia strutturale di Lévi-Strauss, la psicoanalisi freudiana riletta attraverso Lacan. In questo tour de force, lucido ma al tempo stesso complesso, la Rubin cerca di articolare il "gender" come il prodotto di un sistema di relazioni socio-economiche che trasforma il "sesso" naturale (il dato della sessuazione biologica) in asimmetria di genere, ovvero il particolare posizionamento, definizione e ruolo normativo di "uomo" e "donna" nelle varie culture. Una cosa che abbiamo osservato è che questa distinzione tra sesso e genere è essa stessa uno

"Vogliamo anche le rose", pt. 7-8

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"Nel movimento femminista di liberazione potrete trovare tutte le soluzioni ai vostri problemi. Potete parlare liberamente di sesso, maternità, contraccezione, aborto, famiglia, prostituzione, scuola, infanzia, vecchiaia, mestruazione, menopausa. Signore, signorine, bambine, vi aspettiamo."

"Vogliamo anche le rose" pt.4-6

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Se "il personale è politico" è stato una delle rivelazioni chiave del movimento femminista, allora questa "storia" montata con materiali visivi pubblici e privati, pagine di diario e commento narrativo sono un esempio di una "trama" che connette continuamente intimità e socialità, politica e desiderio. Invece di spiegare, ci fa entrare dentro una "storia" soggettiva e collettiva.

"Vogliamo anche le rose" di Alina Marazzi pt.1-3

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Il bellissimo film di Alina Marazzi, un montaggio di diari, filmati d'epoca ma soprattutto spezzoni di film amatoriali, che ripercorre il viaggio delle donne in Italia dagli anni Sessanta al decennio Settanta.
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Abbiamo visto insieme il documentario di Lorella Zanardo, "Il corpo delle donne". Si tratta di un documentario scoraggiante: da un lato rende clamoramente visibile una strategia diffusa di produzione di corpo-donna nei mass media televisivi (una produzione alla quale partecipano anche le donne, in modo più o meno consapevole e subordinato); dall'altro il suo montaggio accumulativo e compatto rende ancora più claustrofobico il panorama. Forse in questo sta il suo limite. Inoltre, se è efficace da un punto di vista di denuncia, lo è forse meno dal punto di vista delle sue analisi. O perlomeno, ci si può chiedere, qual è la produzione del corpo femminile in altri luoghi di produzione mediatica? Quali altri corpi-di-donna sono prodotti, forse meno sessualmente fruibili, ma non meno opprimenti? La domanda (che risuona nello stesso video) che mi resta in mente dopo aver visto il documentario è: "Che cosa ci dicono questi corpi?". Questa contrapposizione noi/loro è p